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LUOGOTENENZA PER L'ITALIA MERIDIONALE TIRRENICA |
CULTURA E SPIRITUALITA' : Introduzione al Vangelo secondo Luca , di don Felice Apicella |
INTRODUZIONE
AL VANGELO SECONDO LUCA
relazione del
Cav. Sac. Felice Apicella
Luogotenenza Italia Meridionale
Sezione de' Principati
Incontro spirituale di preghiera, di ascolto della Parola e di meditazione
Cava de' Tirreni, Palazzo Arcivescovile, Venerdi 27 Novembre 2009
presieduto da S.E. il Luogotenente Cav. Gr. Croce Gen. Prof. Avv. Giovanni Napolitano,
dal Delegato Gr. Uff. Dir.Gen. Giuseppe Raimondi di Cava de' Tirreni - Amalfi,
e dal Direttore del corso di formazione Comm. Prof. Sac. Vincenzo Taiani
relatore il Cav. Sac. Felice Apicella
INTRODUZIONE
AL VANGELO SECONDO LUCA
Il Vangelo di Luca non è che il primo volume della sua opera, e gli
Atti degli Apostoli costituiscono la seconda tavola del
dittico, inseparabile dalla prima. L’intenzione di Luca era quella di
offrirci un resoconto ordinato (Lc 1, 3), mostrando come la buona
novella iniziata in Galilea “dopo il battesimo predicato da Giovanni” (At
10,37) si sia poi diffusa “fino all’estremità della terra” (At 1,8).
Vogliamo ripercorrere l’itinerario spirituale di Luca e la sua riflessione,
nello sforzo che ha fatto di coordinare il suo Vangelo in una certa maniera.
Infatti, gli evangelisti non adoperano a capriccio il materiale (narrazioni,
lettere, manoscritti riguardanti la vita di Gesù) che hanno a disposizione,
disponendolo in una maniera o in un’altra; lo fanno intenzionalmente, perché
hanno delle finalità che essi raggiungono proprio nell’adattare, nello
strutturare in una determinata maniera il materiale evangelico preesistente.
È di qui che nasce la “teologia” di
Luca, di
Marco, di
Matteo e di
Giovanni, ossia la spiritualità di ciascuno degli evangelisti.
Alcuni definiscono il Vangelo di Marco: “Vangelo del catecumeno”,
perché ha lo scopo di aiutare chi viene introdotto alla fede e si appresta a
diventare in un certo senso un discepolo del Signore. Il Vangelo di Matteo,
invece, è il “Vangelo del catechista”, cioè il Vangelo per aiutare
colui che deve introdurre altri alla fede.
Il Vangelo di Luca, invece, è il “Vangelo del discepolo” di Cristo,
vale a dire di colui che ha intrapreso a seguire Gesù e lo vuol seguire
nonostante tutto. Molti sono gli elementi che avvalorano questa intenzione
di Luca, per esempio, quel detto che è riportato soltanto nel suo vangelo: “Chi
mette mano all’aratro e poi si volge indietro non è adatto per il regno di
Dio” (Lc 9,62). Non basta intraprendere, non basta fare un bel
tratto di strada, bisogna
andare fino in fondo senza pentimenti. Un
altro elemento importante per capire il ruolo del “discepolo” è dato dalla
“grande inserzione” lucana, che va dal capitolo 9,51 fino al capitolo 19,28.
Questo blocco letterario caratteristico di Luca, descrive il viaggio di Gesù
a Gerusalemme, quasi a dire che chi crede in Cristo deve percorrere questo
“faticoso” itinerario che culmina in Gerusalemme, cioè la città del
sacrificio e della morte. Nella prospettiva lucana il discepolo di Cristo è
colui che “segue” il Maestro ovunque egli vada, fino al martirio, se è
necessario.
L’autore
Chi ha scritto questo vangelo? Questo scrittore è quel Luca di cui
parlano le
lettere di Paolo (Cl 4,14; Fm 24; 2 Tm 4,11)? La
tradizione antica, da Ireneo di Lione (Adv. Haer, III,1,1; 14,1) alla
fine del II secolo, non ha dubbi al riguardo.
Altri antichi documenti e scrittori ci danno informazioni ancora più
precise: Luca è originario di Antiochia di Siria, medico di professione,
celibe, discepolo degli apostoli e compagno di Paolo. Questa concordanza
della tradizione antica nell’attribuire a Luca il vangelo si può spiegare
con la tendenza a collocare gli scritti canonici sotto l’autorità degli
apostoli o dei discepoli degli apostoli.
Luca è quel discepolo anonimo che racconta negli Atti alcuni episodi in
prima persona durante il secondo e terzo viaggio di Paolo (At 16,10-17;
20,15-21,18;
27-28,16). Infatti fra tutti i compagni di Paolo soltanto Luca può aver
composto quelle sezioni in prima persona che sono imparentate, per
vocabolario e stile, con il resto degli Atti. In breve quel discepolo
compagno di Paolo è l’autore degli Atti. Ora Vangelo e Atti formano
chiaramente un’opera unitaria; dunque Luca è l’autore del vangelo.
Si tratta di un cristiano convertito dal paganesimo, o forse meglio di un
giudeo-ellenista convertito; così si spiegherebbe meglio la sua familiarità
con la Bibbia nella versione greca liturgica.
Egli ha alle spalle un’esperienza missionaria vissuta con Paolo e Barnaba.
Nei suoi viaggi, che lo hanno portato a contatto con le chiese più
importanti (Gerusalemme, Antiochia, Efeso, Cesarea, Roma), ha potuto avere
informazioni di prima mano. È venuto a contatto con la tradizione evangelica
più antica; forse ha potuto conoscere anche il vangelo di Marco (a Roma). Di
questo materiale Luca si e servito per comporre il suo vangelo. Egli è
dunque debitore al testo di Marco, come documento fondamentale, a una
tradizione che gli autori indicano con la sigla Q (quelle, fonte),
che comprendeva una serie di piccole raccolte a forma di trattati o cicli di
tradizioni evangeliche, alle quali fa riferimento anche il vangelo di
Matteo; e infine altre tradizioni orali e scritte dei circoli
giudeo-cristiani e di altri ambienti cristiani. Fra questi la tradizione
giovannea, con la quale Luca ha particolari affinità tematiche.
Il contenuto
La figura di Gesù tratteggiata da Luca è ricca e articolata e,
ovviamente, nelle sue linee fondamentali è comune anche agli altri vangeli.
Tuttavia ci sono sottolineature particolari, come ad esempio
l’universalità, la predilezione per
i poveri, la misericordia e il perdono.
Uomo di chiesa e di tradizione, Luca è anche uomo dai vasti orizzonti e di
delicata sensibilità, specialmente nei confronti dei peccatori, degli
emarginati, dei pagani e dei poveri.
• Il Vangelo della salvezza universale
Un unico grande piano inizia nel Vangelo e si
compie in Atti. Sia il vangelo che Atti iniziano nella Gerusalemme
messianica con il dono dello Spirito (Lc 1,5-2,52;3,21-22; At 1-2).
Il Vangelo ci presenta poi il ministero galilaico di Gesù (Lc 4,1-9,50)
e il suo viaggio a Gerusalemme (Lc 9,51-19,28). Il libro degli Atti
continua questo piano descrivendo il primo ministero degli apostoli,
limitato per la massima parte all’ambiente giudaico (At 8,15), a cui
fa seguito il viaggio di Paolo al centro del mondo: Roma. Non soltanto
esiste questo parallelo tra il Vangelo e gli Atti, ma noi vediamo che gli
Atti continuano là dove il Vangelo termina.
In Luca Gesù non predica direttamente ai pagani, né porta a termine
l’instaurazione del suo regno. Il regno deve includere anche i pagani, ma
questa dimensione universale è realizzata soltanto dopo l’ascensione di
Gesù, nel ministero della Chiesa, come viene descritto in Atti.
Ma nella sua predicazione Gesù annuncia che il perdono è offerto a tutti gli
uomini, e possiamo così dire che Luca ha composto il “Vangelo della
salvezza universale”. La tavola genealogica (Lc 3,23-38) non
circoscrive la stirpe di Gesù unicamente alla linea regale di Davide, come
avviene in Mt 1,1-16, ma colloca Gesù nell’albero genealogico
dell’intera razza umana in quanto figlio di Adamo che era figlio di Dio. La
fede di Abramo può essere condivisa da tutti gli uomini, che diventano per
ciò stesso figli di Abramo (Lc 3,8).
• Il Vangelo della misericordia
Egli scrive il “Vangelo della
misericordia” o il “Vangelo dei grandi perdoni”. Tra i
sinottici Luca è il solo che include episodi o parabole quali la donna
peccatrice (Lc
7, 36-50); la pecora smarrita, la dramma perduta, il figlio
prodigo (cap. 15); la presenza di Gesù nella casa di Zaccheo (Lc 19,1-10);
il perdono di Gesù ai suoi carnefici (Lc 23,34); il buon ladrone (Lc
23,39-43). Luca (6,36)
riporta le parole di Gesù: “Siate misericordiosi, come è misericordioso
il Padre vostro”. Tutto il discorso della “pianura” accentra
l’attenzione sul vincolo sociale della carità (Lc
6,17-49).
• Il Vangelo dei poveri
Questo stesso interessamento
misericordioso è offerto a tutti i poveri e umili, così che Luca merita di
essere definito il “Vangelo dei poveri”. Questo spirito si
manifesta chiaramente nei racconti dell’infanzia, nei quali i poveri e gli
insignificanti sono scelti per i più grandi privilegi: la coppia sterile,
Zaccaria ed Elisabetta; Maria e Giuseppe scelti tra oscuri nazareni; i
pastori della campagna; un vecchio e una vecchia vedova al tempio. Luca
conserva questa grande stima per la povertà di fatto nelle beatitudini,
nello scrivere “beati voi che siete poveri”. Egli inserisce l’intero
testo di Isaia che riguarda i poveri ai quali sarà predicato il vangelo (Lc
4,18; 7,22). La parabola dell’uomo ricco e di Lazzaro è esclusiva di
Luca (Lc
16,19-31). Altri detti sulla povertà inclusa una parabola, si
trovano soltanto in Luca (Lc 12,13-21).
• Il Vangelo dell’assoluta rinuncia
Non sorprende, però il fatto che
Luca oltre che presentarci un Gesù amico dei poveri, dei peccatori, degli
ultimi, ci mostra anche un Gesù esigente nella sua sequela e nei suoi
insegnamenti. Per questo il suo vangelo può anche essere definito: il “Vangelo
dell’assoluta rinuncia”. I discepoli devono lasciare ‘tutto’ (Lc
5,11). Di riscontro, un’altra asserzione, propria al solo Luca (9,62),
insiste sulla dedizione totale a Gesù. Soltanto Luca aggiunge la parole
‘moglie’ alla lista di ciò che ad alcuni verrà richiesto di abbandonare per
amore del regno (14,26). Ancora, dove Matteo scrive “accumulatevi
dei tesori nel cielo” (6,20), Luca ha, “vendete quello che
possedete e datelo in elemosina” (12,33). Luca estende la
sopportazione della croce dal singolo momento escatologico (Mc 8,34;
16,24) alle continue sofferenze della vita di ogni giorno (9,23).
La realtà della sofferenza e della rinuncia sono presentati come mezzi per
attuare il compimento glorioso, viene sottolineata dalle ripetute
affermazioni che Gesù ‘deve soffrire’ (9,22; 13,33; 17,25; 22,37; 24,7.26.44).
• Il Vangelo della preghiera e dello Spirito Santo
Tale distacco e tale rinuncia sono
possibili perché Gesù e i suoi discepoli sono presentati in un continuo
impegno verso Dio in questo “Vangelo della preghiera e dello Spirito
Santo”. Luca ci raffigura Gesù in preghiera prima di qualsiasi tappa
importante nel suo ministero messianico: al suo battesimo (3,21);
prima della scelta dei Dodici (6,12); prima della professione di fede
di Pietro (9,18); alla trasfigurazione (9,28), prima di
insegnare il “Padre Nostro” (11,1);
nel Getsemani (22,41).
Gesù era il maestro della preghiera e insistette con frequenza che anche i
suoi discepoli fossero uomini di preghiera (6,28; 10,2; 11, 1-13; 18,
1-8; 21,36).
Luca allude ininterrottamente al ruolo dello Spirito (1,15.35.41.67; 2,
25-27; 3,16.22; 4,1.14.18; 10,21; 11,13; 12,10.12). Dove Matteo (7,11)
parla delle cose buone che il Padre dà a coloro che gliele chiedono, Luca (11,13)
parla dello Spirito come del dono per eccellenza. Concesso nel passato ai
Giudici dell’Antico Testamento questo Spirito è ora inviato a Giovanni
Battista (1,15.80) e ai suoi genitori (1,41.67). Gesù è
concepito per opera dello Spirito Santo (1,35) ed egli stesso è
ripieno di Spirito Santo (4,1). Ciò che avvenne per Gesù deve
continuare ad avvenire per la Chiesa, fino alla parusìa
(manifestazione finale di Gesù). Lo Spirito di conseguenza occupa lo stesso
ruolo di primaria importanza anche in Atti:
la Chiesa continua la missione di
Gesù, l'era escatologica, inaugurata da
Cristo che durerà fino a quando lo Spirito la porterà a compimento in un
certo momento del futuro.
• Il Vangelo della gioia messianica
Lo Spirito, posseduto da Gesù, irradia
gioia e pace fra tutti coloro che lo ascoltano. Luca scrisse il “Vangelo
della gioia messianica”. Vari termini greci che esprimono la gioia o
l’esultanza ricorrono con notevole frequenza. Una lettura sia pure
affrettata dei singoli vangeli lascia l’impressione che Matteo abbia
un’impostazione seria e quasi maestosa, Marco il candore non impegnato di un
diario, ma Luca trabocca di gioia non appena la persona si è resa conto
della realtà stupenda che
si è attuata. Più di qualsiasi evangelista,
Luca riporta l’ammirazione delle folle che seguivano Gesù (5,26; 10,17;
13,17; 18,43). Questo spirito di gioia diffuso tra la gente è
l’adempimento della promessa di Gesù che i suoi seguaci saranno “felici”
e “fortunati” (1,45; 6,20-22; 7,23;
10,23; 11,27ss.; 12,37ss.; 14,14ss.; 23,29).
La comunità
La prospettiva che Luca persegue nella sua opera non è frutto di
scelte private o di preferenze personali, ma riflette le preoccupazioni e
gli interrogativi delle comunità e dell’ambiente cristiano in cui Luca vive
e opera. Per conoscere la sua comunità, egli ci ha lasciato il testo degli
Atti, con il quale confrontare il vangelo. In questa seconda parte
del suo lavoro Luca espone il seguito di quel percorso salvifico che ha il
suo centro nella morte e risurrezione di Gesù e continua e si prolunga nella
storia della prima chiesa. Nel tracciare il quadro dell’espansione storica
del messaggio cristiano da Gerusalemme a Roma, Luca non obbedisce a criteri
documentaristici, cioè non intende raccogliere o fare l’inventario dei
documenti d’archivio della chiesa di Gerusalemme o di Antiochia o fare il
reportage dei viaggi missionari di Paolo.
La storia della prima chiesa è uno
specchio ideale per l’oggi in cui vive
Luca, per la vita delle sue comunità. Così, percorrendo le pagine degli
Atti, è possibile scoprire gli interrogativi e le preoccupazioni, le
esigenze e le aspirazioni dei cristiani che stanno attorno a Luca e per i
quali egli ha steso il vangelo.
Sono i cristiani della seconda generazione, che vivono fuori della
Palestina, a contatto con un mondo culturale e religioso diverso da quello
nel quale visse e operò Gesù e anche, in parte, i primi testimoni del
vangelo. I contrasti con il giudaismo ufficiale stanno ormai alle spalle,
dopo la caduta di Gerusalemme nel 70 d.C. Il movimento cristiano,
affermatosi nelle città ellenizzate del bacino del Mediterraneo orientale,
ha acquistato piena autonomia. Questo fatto costringe i cristiani a
ripensare la propria identità in confronto con le comunità degli inizi, con
il messaggio e la missione storica di Gesù. Il distacco dall’ambiente e
dalla cultura giudaica dà loro la possibilità di rivedere anche il proprio
rapporto con la tradizione biblica alla quale si rifà il messaggio di Gesù e
gli schemi culturali ad esso soggiacenti. La tensione apocalittica iniziale
si e attenuata; le impazienze storiche e i fanatismi di estrazione
apocalittica, all’interno della comunità cristiana, si sono smorzati; o
meglio una maturazione storica dell’esperienza cristiana, provocata anche
dai fatti del 70, ha contribuito a ridimensionare alcuni estremismi di
matrice apocalittica (At 1,6.11).
Lo slancio missionario è ancora vivace e promettente e il messaggio
cristiano trova buona accoglienza presso quei simpatizzanti del monoteismo
che, nel mondo greco-romano, un tempo gravitavano attorno alle sinagoghe
giudaiche. Nonostante le resistenze di alcuni nostalgici del rigorismo e
della chiusura dei primi tempi, le comunità accolgono con entusiasmo i nuovi
convertiti. Non mancano certo tensioni all’interno, con casi di defezioni e
rilassamento, e difficoltà all’esterno, per le avvisaglie di nuove
persecuzioni e per i sospetti e le calunnie dell’ambiente pagano
come di quello giudaico.
L’evangelista Luca, da una parte è sensibile e attento a questa svolta
culturale dell’esperienza cristiana e alla nuova situazione delle comunità,
dall’altra ha viva coscienza della continuità storica del messaggio
trasmesso dalla prima generazione. Il suo messaggio evangelico risponde a
questa esigenza di fondo: una ripresa e un ripensamento della tradizione
nella nuova prospettiva culturale e storica della sua chiesa.
Data e luogo di composizione
La data di composizione si può desumere approssivamente da alcuni
indizi circa la caduta di Gerusalemme, punto discriminante per la datazione
dei vangeli. Il discorso di Luca ‘sulla fine’ (cap. 21) ha
riferimenti così precisi e dettagliati all’assedio di Gerusalemme (21,20.22;
cfr. 19,42), quali furono possibili soltanto dopo gli avvenimenti
stessi. Anche la distinzione che fa Luca tra la fine di Gerusalemme e la
venuta del Figlio dell’uomo, depone a favore di una stesura del discorso, e
quindi del vangelo, dopo la caduta della città. Così tenendo conto, da una
parte della dipendenza di Luca da Marco, scritto verso gli anni 70/75,
dall’altra del suo modo di riferirsi ai fatti del 70, si può proporre per il
vangelo lucano una data intorno agli anni 80/85.
Il luogo di composizione del terzo vangelo può essere cercato in una
comunità cristiana fuori della Palestina. Una tradizione antica (Ireneo,
Prologo monarchiano) indica la Grecia meridionale (Corinto?).
Suddivisione del Vangelo
• Vangelo dell’infanzia od origini di Gesù (1-2)
Ispirandosi ai moduli letterari dell’Antico
Testamento e dell’ambiente giudaico, Luca presenta una sintesi della
professione di fede cristiana in Gesù Messia e Figlio di Dio (1,32.35),
Salvatore e Signore (2,11). Questa proclamazione di fede viene
inquadrata in piccole scene, annuncio e nascita, alle quali sono
contrapposte le scene simmetriche di Giovanni, in modo che dal contrasto
risalti la novità e grandezza di Gesù.
• Attività in Galilea (3,1-9,50)
Luca ha cura di concludere il curriculum del
Battista in modo che quando appare sulla scena Gesù, la missione di Giovanni
è completamente esaurita. Con il profeta di Nazaret inizia il tempo nuovo,
il tempo definitivo della salvezza annunciato e preparato
dalla ‘legge ed i profeti’.
A Nazaret Gesù, in un discorso ufficiale durante un’assemblea liturgica,
annuncia il compimento della salvezza:
Oggi la promessa di Dio si compie.
La raccolta d’istruzioni ai discepoli qualifica subito il Vangelo di Luca
come ‘la buona notizia per i poveri’, grazie alla solenne
apertura: “Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio”.
I gesti successivi di misericordia e di accoglienza rivelano una sua scelta
di campo: Gesù è un profeta “potente in parole e opere” (24,19), che
rende attuale e a portata
di mano dei più miseri la salvezza di Dio.
• Il cammino verso Gerusalemme (9,51-19,28)
Il
cammino di Gesù è diretto verso Gerusalemme, il centro e simbolo dell’antico
popolo di Dio, il cuore di tutte le attese e speranze d’Israele. Ma Gesù va
a Gerusalemme per consumare il suo progetto e portare a compimento tutte le
profezie. È un cammino verso la morte per entrare nella gloria. Per questo
la lunga marcia di Gesù è scandita non solo dagli annunci classici della
passione, ma anche da alcune sentenze profetiche proprie di Luca, per mezzo
delle quali Gesù interpreta la propria morte violenta alla luce del giusto
perseguitato e del profeta rifiutato.
•
L’ultima ‘visita’ alla città di Gerusalemme (19,29-21,38)
La visita di Dio diventa il giudizio
storico, la separazione dalla città e dal popolo che essa rappresenta. È la
rottura con l’antica storia del popolo di Dio, ma perché il progetto di Dio
possa continuare nel nuovo popolo.
• Passione e Risurrezione (22,1-24,53)
Luca ha ampliato il racconto dell’istituzione eucaristica in
modo che la cena eucaristica, disposta in parallelo e simmetria con la cena
pasquale antica, appaia come 1a pasqua del nuovo popolo
di Dio. Luca intende presentare ai cristiani Gesù come il profeta
rifiutato dai capi del popolo, il martire, modello di fedeltà e bontà per i
discepoli, che accoglie e salva i peccatori.
La pasqua può aver luogo soltanto nel centro della storia salvifica, in
Gerusalemme: Luca vuol mostrare la continuità tra il compimento della
salvezza nella morte e risurrezione di Gesù e il suo prolungamento storico
nel tempo della chiesa. I racconti della risurrezione convergono verso
la scena madre, l’incarico di missione
agli apostoli.
Fonte : testo cortesemente inviato alla redazione dal Relatore dell'incontro spirituale il Confratello Cav. Sac. Felice Apicella OESSG.
Fonte foto Vangelo: www.donmariocampisi.it/pagine/resta%20con%20noi%20signore.htm
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